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mercoledì 3 febbraio 2010

Ritorniamo a votare: come e per cosa?

L’ennesima campagna elettorale sta partendo, si vota per le Regioni questa volta! Gli sfidanti iniziano ad affilare le armi e a definire le strategie di comunicazione. Le città iniziano ad essere tappezzate di manifesti, facce, loghi, slogan. Le TV iniziano a mettere in mostra i concorrenti, non tutti però, solo alcuni. Poi arriveranno gli incontri elettorali, le cene, gli inviti al voto via posta, il volantinaggio per le strade…. E’ questo il momento fondamentale, dove i partiti e i candidati possono discutere con gli elettori dei problemi e delle soluzioni affidate alla politica e alle pubbliche amministrazioni. E’ il momento per fare il bilancio di quanto fatto da chi ha governato ed ha gestito il potere, e di chi è stato all’opposizione e ha controllato i governanti. E’ il momento per dirla con Luigi Einaudi del conoscere per deliberare.


Eppure…qualcosa non funziona. Il mercato elettorale non è veramente libero, l’asimmetria informativa è molto elevata. L’esito del voto, anche in caso di cambio di maggioranza, spesso non cambia le scelte politiche di fondo. I costi delle campagne elettorali sono elevati, il rimborso per i partiti che riescono a “qualificarsi” con degli eletti li compensano in maniera più che proporzionale, e gli altri non prendono niente. Si attivano anche dei meccanismi, antichi come la democrazia, già illustrati da Vilfredo Pareto e Gaetano Mosca all’inizio del secolo scorso, ed esemplificati in un articolo di Sergio Rizzo sul Corriere della Sera (http://laderiva.corriere.it/2010/02/03/index.html)

Esistono, volendo semplificare, “due Italie”: da una parte le regioni del centro nord che pur avendo gli stessi problemi di governo nazionale, e pur con grosse difficoltà, riescono in qualche modo a tenere il passo con le altre aree sviluppate dell’occidente. Dall’altra parte le regioni del centro sud che si allontanano da quelle del nord per sviluppo economico, servizi pubblici, sicurezza. E quindi ancor di più si allontanano dagli altri paesi dell’occidente industrializzato. Ora, in queste regioni del centro sud, sono in pochi a credere che questa tornata elettorale possa cambiare qualcosa.

Forse, da una parte, si spera troppo nella mano pubblica, e quindi si dispera quando questa non crea ricchezza duratura, ma si limita a distribuire ricchezza prodotta altrove attraverso meccanismi assistenziali o peggio clientelari. Forse, ma sono due facce della stessa medaglia, la “mano invisibile” di Smith, e lo sviluppo dell’economia privata (se escludiamo quella illegale) è inesistente, annichilita da anni di assistenzialismo e di assenza della politica nell’affermazione della legalità e lo stato di diritto. Fatto sta che quale che sia il colore politico che ha governato tali regioni (un esempio per tutte la Campania) le cose sono solo peggiorate.

Cosa sta succedendo adesso mentre si chiude una legislatura regionale? Cosa succederà dopo la tornata elettorale? Vorranno i nuovi governanti locali ridurre le entrate dallo Stato da redistribuire a propria discrezione sui propri elettori? Vorranno i nuovi governanti fare in modo che i contributi all’innovazione tecnologica e i fondi stanziati dall’U.E. per le aree depresse vengano impiegati in maniera produttiva e non distribuiti a pioggia senza alcun controllo reale? Opereranno i nuovi governanti delle Regioni per migliorare i livelli di servizio pubblico, in particolare quello della sanità che vede in tutte le classifiche, le strutture del centro Sud agli ultimi posti per qualità del servizio e per costi sostenuti? Quest’ultimo indicatore è particolarmente significativo, perché mentre per lo sviluppo economico si deve fare i conti con il passato, con la cultura imprenditoriale, con la presenza di infrastrutture, la vicinanza ai mercati e tante altre variabili, questo non vale per la sanità. Questa viene finanziata quasi completamente con i soldi dell’erario, sia per le strutture di accoglienza che nella formazione degli operatori sanitari (medici e infermieri) che generalmente si laureano in università pubbliche. Come è possibile ci sia una così grande differenza tra il servizio sanitario nelle regioni del Centro Sud rispetto a quello delle regioni del Centro Nord? Credo che se troviamo una risposta a questo quesito potremmo trovare la soluzione per il rilancio del nostro Mezzogiorno. (di Claudio Ferretti)

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