Giovedì scorso, durante la riunione del direttivo aperto, ho promesso a chi mi sedeva accanto che avrei messo sul blog una breve trattazione del concetto di diritto come pretesa che è forse l'aspetto più conosciuto del pensiero di Bruno Leoni.
Va detto anzitutto che egli sviluppa questo concetto lungo tutta la sua vita di studioso della materia e quindi le prime bozze del concetto sono già presenti, in forma assai primitiva, anche nei suoi primi scritti.
La materia è molto complessa perchè abbraccia tutto l'arco di scienze di cui Leoni si è occupato, ma volendo limitarsi all'essenziale va riferito che Leoni fonda il suo pensiero su due fonti primarie:
Quella sociologica che gli veniva da una ampia condivisione dei lavori di Weber e di Ehrlich e quella economica basata sulla più volte ribadita adesione alla nota Scuola Austriaca, vale a dire, per intenderci quella di Mises e di Hayek.
Leoni contrappone alla teoria normativistica, allora predominante in Italia e nel continente europeo, la cui fondazione può essere attribuita a Kelsen, il recupero del cosiddetto diritto naturale con l'aggiunta di proprie considerazioni che lo porteranno appunto a definirlo diritto come pretesa.
Egli obietta che la teoria normativistica non tiene conto che l'osservanza o meno di una norma è qualcosa che accade nella realtà, ossia è un “insieme di eventi psicologici a cui corrispondono comportamenti osservabili, e non semplicemente una proposizione o un insieme di proposizioni linguistiche”.
Questo significa che le norme diventano espressioni di usi, ed è quindi possibile verificare la loro corrispondenza, o dissonanza, rispetto a questi usi.
Può cioè accadere che esista un diritto"vivente" contrapposto al diritto "vigente" e che quindi gli schemi di previsione delle azioni umane non corrispondono a quelli previsti dalle leggi.
Ciò non toglie che egli si preoccupi di dare valore oggettivo e universale alle conclusioni alle quali approda.
Egli obietta che comportamenti effettivi degli individui sono orientati secondo determinati criteri presenti alla mente degli individui: in particolare secondo determinati schemi previsivi e secondo determinate pretese che, come tali, possono considerarsi eventi psicologici.
C'è un passo degli scritti di Leoni che meglio di tutti chiarisce il punto di vista:
“riassumendo, “sociologia comprendente” nel senso weberiano vuol dire spiegazione delle azioni umane in base ad un’interpretazione che il significato è quello dato dalla persona che le compie, quindi in base ad un accertamento degli scopi che questa persona si propone nell’agire. Questo accertamento implica la considerazione di certe aspettative che sono riconnesse a questi scopi. Se io mi propongo lo scopo di comprare una cosa, io mi attendo e quindi pretendo che ci sia chi me la vende, o meglio che chi la vende la venda a me. Quindi questi scopi sono riconnessi con aspettative. […]
Il residuo insolubile dal quale parte la sociologia comprendente è l'individuo. In altri termini il canone metodologico fondamentale della sociologia comprendente di Weber è l'individualismo inteso come procedimento mediante il quale tutti gli eventi si spiegano tentando di accertare i significati che determinati singoli individui agenti attribuiscono alle loro azioni”.
Come si vede si tratta di un concetto assai simile a quello elaborato dalla Scuola Austriaca, in particolare alla teoria dell'individualismo e alle sue implicazioni in tutte le scienze umane.
Il primo importante rilievo di Leoni, connesso alla già citata critica del normativismo, è l'individuare nel diritto un importante elemento di soggettività, riconducibile al fatto che chi rivendica un diritto pretende anzitutto il verificarsi di un comportamento altrui.
Un passo in cui egli chiarisce meglio è il seguente:
“il concetto cui sembra riducibile il termine diritto, così come viene usato nel linguaggio ordinario, è quello che potrebbe definirsi la richiesta di un comportamento altrui corrispondente ad un nostro interesse […] e considerato inoltre come probabile – o comunque più probabile di altri – nell’ambito di convivenza organizzata cui apparteniamo entrambi (noi e la persona il cui comportamento è oggetto di pretesa), nonché in ogni caso come determinabile mediante un nostro intervento (presso tale persona o presso altre) in base ad un potere di cui noi, che formuliamo la richiesta, ci consideriamo dotati”
E' dunque per Leoni la pretesa che fa sì che un obbligo sia giuridico e gli obblighi giuridici possono nascere solo in corrispondenza di pretese.
Leoni quindi individua i quattro elementi che una pretesa deve annoverare:
La pretesa deve contenere un favorevole giudizio di probabilità.
Oggetto di pretesa saranno eventi umani non necessari nè impossibili (poichè sarebbero naturalmente o inutili o impossibili da pretendere).
Su questo tema Leoni sfrutta i molteplici suoi studi giovanili su Pascal, Bernouilli e Leibniz e sul tentativo di sottoporre il comportamento umano a leggi probabilistiche prettamente matematiche.
Il secondo elemento da considerare è l'intervento, o meglio la “disposizione della persona che pretende ad ottenere con un qualche tipo di intervento il comportamento preteso, qualora esso non si verifichi spontaneamente”.
Il terzo elemento è in realtà una specificazione del secondo, e consiste nel potere di intervento.
Il quarto elemento costitutivo della pretesa è l'interesse.
Si ha una pretesa solo nel momento in cui qualcuno ritiene utile il verificarsi di un certo comportamento e dunque lo pretende.
Leoni però chiarisce che fin qui ci troviamo nel campo della pretesa di tipo soggettivo.
Affinchè essa diventi pretesa giuridica è necessario trasformarla in forma oggettiva o meglio che divenga probabilisticamente oggettiva.
Il primo requisito è quindi che ad essa faccia riscontro una probabilità di tipo oggettivo, cioè che essa abbia alta probabilità oggettivamente di riuscita indipendentemente da quello che pensa il richiedente.
Per fare un esempio anche la pretesa di un rapinatore ha una forte probabilità di essere soddisfatta (per il rapinatore), ma non per questo è giuridica.
Deve esserci un alto consenso comunitario a renderla effettiva.
Il secondo requisito è quindi che quella richiesta venga avanzata in un certo ambito ben prestabilito che la renda realizzabile alla luce del contesto specifico.
Questi sono i passaggi che fanno diventare la pretesa un diritto oggettivo e quindi valutabile a posteriori tanto che il Leoni definisce il diritto come un fenomeno storico.
Come dicevo in apertura il concetto è complesso ed è fondato su un ragionamento per gradi che Leoni sviluppa in tutti i suoi lavori e che vanno a sfociare nei principi che ho tentato maldestramente di riassumere.
Purtroppo un limite di Bruno Leoni è quello che per capirlo ed apprezzarlo davvero è necessario possedere una conoscenza completa, o quasi, delle sue opere e che la sua tragica scomparsa a soli 54 anni non gli hanno consentito probabilmente di raccogliere lui in qualche opera omnia il frutto delle sue decennali meditazioni.
Anche il suo libro più famoso "Freedom and the laws" non consente di ridurre schematicamente il suo eterodiretto pensiero.
Scritto da Riccardo Rinaldi
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