Questo tema, introdotto da Claudio Ferretti ai primi di gennaio è sempre stato uno dei più ostici per tutti coloro che tentano di conciliare la fede cattolica con la fede liberale.
Ho usato in entrambi i casi il termine fede che sembra un minimo comune denominatore adatto a porre le due cose sullo stesso piano.
Ma così non è, e per quanto io abbia pensato a lungo alla materia, alla fine mi sono convinto che le due fedi operano su due livelli distinti.
La prima su quello religioso e la seconda su quello naturale.
Sono due mondi separati, l'uno trascendente, l'altro immanente e vano si rivela ogni tentativo di farli incontrare su basi comuni.
Come conseguenza si ha che ogni onesto ricercatore dei punti di convergenza (o di divergenza) debba accontentarsi di studiare quali aspetti, delle due fedi, pur operando su piani diversi, mostrino connotati comuni, o almeno dimostrino di vibrare in sintonia.
Tra i tanti temi che possono essere studiati, ne scelgo uno che sembra, ad una prima evidenza essere il più discordante.
Il pensiero liberale, fin dalle sue origini ha dichiarato che gli uomini sono diversi tra loro e che proprio nella loro diversità si annida lo strumento per farli interagire, in modo scambievolmente conveniente, e raccogliere i prodotti di tale rapporto che vanno a distribuirsi profittevolmente per tutti.
Dalla accettazione della diversità degli uomini, seppure mitigata dalla convinzione della necessità di offrire a tutti pari opportunità, ne discende l'accettazione, tutta liberale, della proprietà privata come elemento che rende compiuta la diversità umana.
In altre parole, dal fatto che ciascuno è portatore di proprie caratteristiche distintive deriva che le proprietà, conquistate in forza dell'operare con successo proprozionale a dette qualità, sono una parte identificativa della sua personalità, in fin dei conti quindi della sua persona.
E' inutile fare qui una cronistoria di come il pensiero liberale ha sedimentato questo concetto, risalente ai fondamentali filosofici via via elaborati dai pensatori sociali, economici e politici che si sono succeduti fino ai giorni nostri.
All'inizio si è partiti dalla tesi dell'incontro degli egoismi individuali, per dimostrare il vantaggio che ne ricava l'intera società.
Ma qui va detto che la parola egoismi va intesa come diversa inclinazione del carattere la quale crea una diversa propensione a godere dei beni in forma e quantità diversa.
Alla radice comunque c'è la condivisione che questa diversità esiste e che gli uomini non nascono tutti buoni come voleva farci credere Rousseau e che essi venivano poi traviati dalla malvagità delle convenzioni sociali, per cui bastava correggere il bastone storto, per prendere in prestito la acuta definizione di Kant.
Noi liberali non vogliamo correggere nessuno, anzi vogliamo lasciare ciascuno libero di sperimentare, di sbagliare, di correggersi, di inciampare, di rialzarsi da soli, sempre però senza arrecare danni ad altri.
Ma puntiamo diritto al tema del titolo.
Tutto ciò è conforme al credo cattolico?
A prima vista sembra di no in quanto la Chiesa ha sempre cercato di correggere le diversità, seppure l'argomento sia sempre rimasto controverso.
Uno dei passi più belli ma anche più duri da comprendere del Nuovo Testamento è senz'altro la parabola dei talenti.
Non che non ci siano pagine ancora più ardue, ma questa non è da meno di altre.
Ebbene io affermo che se il Signore ci riconosce diversi talenti e pretende che ciascuno operi in modo da mettere a frutto anche quel poco talento che gli viene riconosciuto, allora anche il cattolicesimo ammette le differenze costituzionali e non pretende di correggerle ma di agire in modo da massimizzare sempre il proprio impegno a favore degli altri.
Ed è proprio quello che dice il pensiero liberale che vede nella varietà dell'impegno diffuso il segreto per cooperare al bene comune.
Certo, su un altro piano, il cattolicesimo sul piano dell'amore, il liberalismo sul piano del benessere sociale, ma come si vede la rotta all'orizzonte è la stessa, o almeno stessa è la direzione e il cammino.
Il Signore giunge a punire proprio colui che ha dotato di minor talento sol perchè non ha messo a frutto quel poco che aveva.
Non gli dice, sei stato un po' discolo, ma siccome hai avuto la sfortuna di avere in dote di meno degli altri ti perdono, non lo consola per la sua sfortuna, no è severo con lui come con chiunque non opera in ragione di quello di cui dispone.
Questa accettazione della diversità di natura da parte del Vangelo non è facile da comprendere ma ci aiuta, noi liberali a sperare che in fondo non siamo lontani dalla verità, almeno in via di principio.
Tutto ciò mi ha fatto sempre pensare che, in barba a quanto ne pensino molti, si può essere buoni cristiani e buoni liberali assieme, basta tenere distinti i due mondi.
Leggere continuamente il Nuovo Testamento, ti fa scoprire particolari che in altri momenti della vita ti erano scivolati via ed ora ti entrano diritti dentro il cuore.
Il nostro antistatalismo promuove l'azione volontaria e solo noi veri liberali siamo in grado di accorgerci come invece la presenza pervasiva dello Stato ha come effetto quello di annichilire le nostre buone intenzioni.
Per queste e molte altre riflessioni una società liberale in questo mondo è coerente con la crescita del mondo che è nei cieli.
Non rivendichiamo migliori titoli di altri ad essere migliori cristiani, ma ci accontentiamo di rivendicare una consonanza che ci rasserena e ci mette in pace con tutti, credenti e non credenti. Scritto da Riccardo Rinaldi
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